lunedì 5 ottobre 2015

in memoria di Henning Mankell

Tratto dal suo libro "L'uomo inquieto"

"E' stato cinquant'anni fa, più precisamente nell'agosto del 1961" iniziò Atkins con il suo tono pacato. "In un luogo dove forse è difficile immaginare che due giovani ufficiali di marina possano incontrarsi. Ero venuto in Europa con mio padre, che allora era colonnello dell'esercito. Voleva che vedessi Berlino, quella piccola fortezza isolata al centro della zona russa. Se non ricordo male, siamo arrivati da Amburgo con un volo della Pan Am, sull'aereo c'era quasi esclusivamente personale militare, praticamente nessun civile, fatta eccezione per un paio di preti. La situazione era tesa, ma comunque quando siamo arrivati i carri armati delle due parti non erano schierati pronti a far fuoco. Una sera, mio padre e io siamo capitati per caso in mezzo a un grande raduno di folla nelle vicinanze di Friedrichstrasse. Alcuni soldati della Ddr stavano piazzando del filo spinato, altri avevano iniziato a erigere una barriera di mattoni e cemento. Di fianco a me c'era un giovane della mia età in uniforme. Gli ho chiesto da dove veniva. Mi rispose che era svedese, e sì, era Hakan. Fu così che ci incontrammo. Proprio nel momento in cui Berlino veniva divisa da un muro, un mondo veniva amputato, se così si può dire. Ulbricht, il capo della Ddr, spiegò che si trattava di un provvedimento atto a "salvaguardare la libertà e mettere le basi di un glorioso stato socialista". Ma quel giorno vedemmo una donna anziana che fissava i soldati all'opera piangendo. Era vestita miseramente, e sul viso aveva una grossa cicatrice. Sembrava che una delle sue orecchie che spuntava da sotto i capelli fosse una specie di protesi di plastica. Hakan e io ne parlammo più tardi, ma nessuno dei due ne era certo. L'immagine di quella donna ci rimase impressa, la ricordo bene ancora oggi. D'improvviso, la donna alzò una mano verso i giovani soldati che stavano innalzando il muro in un gesto impotente, come per fermarli. Poi si volse verso di noi scuotendo leggermente il capo. Non potevamo fare niente, ma credo che fu in quel momento che Hakan e io capimmo che il nostro compito per il futuro era di batterci per un mondo libero, per evitare che altri paesi fossero divisi da un muro."

(Henning Mankell - L'uomo inquieto)

mercoledì 9 settembre 2015

io sono Aylan

Io sono Aylan, o meglio, sono dalla parte di tutti gli Aylan che fuggono da quello che fa paura anche a noi ma non abbiamo mai subito. La foto del bambino restituito, senza vita, dal mare sulla spiaggia di Bodrum ha scioccato molti. La tanto criticata foto pubblicata da importanti quotidiani nazionali ne ha suscitato l'indignazione. Cosa prevedibile, quella foto ha negato loro la possibilità futura di dire di non aver capito, di non aver potuto immaginare. Perché una cosa è leggere che ci sono x mila morti, un'altra è mostrartene anche uno solo. Piccolo, incolpevole e inerme. 

Però non è del tutto esatto, io non sono Aylan. Sono vivo, con i miei desideri e le mie aspirazioni, le mie amicizie e i miei affetti. Oltre ad Aylan ci sono i padri degli Aylan. Come il padre di quello della foto, partito da Kobane con moglie e figlio per restituire a sé e a loro la dignità in Europa. E' dovuto tornare a Kobane con moglie e figlio. Per seppellirli. 

Anche se non è del tutto esatto io sono Aylan, io sono il padre di Aylan. E chi non è dalla parte degli Aylan per me è il nemico.

lunedì 10 agosto 2015

L'incipit (bellissimo) di un gran romanzo

L'estate in cui Coleman mi fece le sue confidenze su Faunia Farley e il loro segreto fu, in modo abbastanza appropriato, l'estate in cui il segreto di Bill Clinton venne a galla in ogni suo minimo e mortificante dettaglio: in ogni suo minimo e vivido dettaglio, là dove la vita, come la mortificazione, stillava dall'asprezza dei dati specifici. Non avevamo avuto una stagione come quella da quando qualcuno era incappato nella nuova Miss America nuda in un vecchio numero di <<Penthouse>>, foto di lei elegantemente in posa in ginocchio e sdraiata sulla schiena che costrinsero la ragazza, piena di vergogna, a restituire la corona per diventare, in un secondo tempo, una celebre pop star. Quella del novantotto nel New England fu un'estate di sole e di uno squisito tepore; l'estate - nel baseball - di una mitica battaglia tra un dio degli home run bianco e un dio degli home run di pelle scura; e, in America l'estate di un'orgia colossale di bacchettoneria, un'orgia di purezza nella quale al terrorismo  - che aveva rimpiazzato il comunismo come minaccia prevalente alla sicurezza del paese - subentrò, come dire, il pompinismo,  e un maschio e giovanile presidente di mezza età e un'impiegata ventunenne impulsiva e innamorata, comportandosi nell'Ufficio Ovale come due adolescenti in un parcheggio, ravvivarono la più antica passione collettiva americana, storicamente forse il suo piacere più sleale e sovversivo: l'estasi dell'ipocrisia. Nell'aula del Congresso, sulla stampa e alla televisione, i cialtroni tronfi e morigerati, smaniosi d'incolpare, deplorare e punire, facevano i moralisti a più non posso: tutti in un parossismo calcolato di quello che Hawthorne (il quale, negli anni tra il 1860 e 1870, abitava a non molte miglia dalla porta di casa mia) identificò, nel paese nascente di tanto tempo fa, come <<lo spirito di persecuzione>>; tutti ansiosi di celebrare gli astringenti riti purificatori che avrebbero estirpato l'erezione dell'esecutivo, rendendo così la situazione abbastanza confortevole e sicura perché la figlia del senatore Lieberman potesse riprendere a guardare la tivù col suo imbarazzato paparino. No, se non siete vissuti nel 1998 non sapete cos'è l'ipocrisia. Il columnist conservatore William F. Buckley scrisse nella sua rubrica: "Quando lo fece Abelardo, fu possibile evitare che si ripetesse", insinuando che il modo migliore di rimediare all'illecito presidenziale - quella che Buckley definiva, altrove, "l'incontinente carnalità di Clinton" - forse non era una cosa incruenta come l'impeachment ma, piuttosto, il castigo che nel dodicesimo secolo venne inflitto al canonico Abelardo dal coltello dei compari dell'ecclesiastico Abelardo, il canonico Fulberto, per vendicare la seduzione e il matrimonio segreto con la nipote di Fulberto, la vergine Eloisa. Diversamente dalla fatwa di Khomeini che condannava a morte Salman Rushdie, l'intenso desiderio nutrito da Buckley per la pena correttiva della castrazione non comportava incentivi finanziari per il possibile esecutore. Questa era suggerita, tuttavia, da uno spirito non meno severo di quello dell'ayatollah, e in nome di ideali non meno elevati. 
Era estate, in America, quando tornò la nausea, quando non cessarono gli scherzi, quando non cessarono le congetture e le teorie e le iperboli, quando l'obbligo morale di spiegare ai propri figli la vita degli adulti fu abrogato per tenere viva in loro ogni illusione sulla vita degli adulti, quando la meschinità della gente apparve semplicemente schiacciante, quando una specie di demone era stato sguinzagliato nel paese e, da ambo le parti, la gente si chiedeva: "Perché siamo così pazzi?", quando uomini e donne, svegliandosi al mattino, scoprivano che durante la notte, in un sonno che li aveva trasportati oltre l'invidia e il ribrezzo, avevano sognato la spudoratezza di Bill Clinton. Sognai io stesso un gigantesco striscione, dadaisticamente teso come uno degli involucri di Christo da un capo all'altro della Casa Bianca, con la scritta QUI ABITA UN ESSERE UMANO. Era l'estate in cui - per la miliardesima volta - il casino, il pasticcio, il guazzabuglio si dimostrò più sottile dell'ideologia di questo e della moralità di quello. Era l'estate in cui il pene di un presidente invase la mente di tutti e la vita, in tutta la sua invereconda sconcezza, ancora una volta disorientò l'America.

(Philip Roth - La macchia umana) 

lunedì 15 giugno 2015

Lo stato politico del PD

Sono passati anche i ballottaggi delle comunali 2015. E c'è il consueto momento di riflessione post elettorale dopo regionali e amministrative. Mentre le regionali avevano segnato un buon risultato per il PD, le comunali evidenziano scricchiolii veri tra il partito (maggioranza e minoranza) e il proprio elettorato.

La maggior criticità del PD a guida Renzi è il modus operandi dalemiano di molti dirigenti locali che si professano renziani. Nell'attuale e imperante narrazione politica incentrata sui talk show e sulle dichiarazioni (o post sui social) fatte in orari buoni per ottenere spazio nei TG è scomparsa la riflessione, e conseguentemente la connessione, tra politica e territorio. Territorio inteso come comunità di cittadini e non come capibastone. Che poi a dirla tutta, anche a volerla vedere con un eccesso di cinismo, i capibastone in periodi di crisi hanno poche prebende da offrire e quindi perdono inesorabilmente il loro peso numerico nell'apportare voti in quanto tale peso si basa più sul consenso spiccio, anzi spicciolo... 

La narrazione giovanilistica, seppur io sia un trentenne, non l'ho mai gradita più di tanto. Sicuro come la morte è che ci sia bisogno di un ricambio generazionale che di certo non sarà favorito da nessuno e che bisogna conquistarsi, ma c'è anche da dire che se i giovani dirigenti e/o parlamentari adottano comportamenti gestionali simili alla generazione precedente ci sarà solo un ricambio anagrafico che è cosa diversa dal cambio generazionale. A ciò fanno da contraltare le rimostranze dei capibastone sulla base della loro esperienza anche se tale esperienza frutti benefici al territorio in troppi casi non ne ha minimamente portati.

Per mantenere lo status raggiunto nella società italiana il PD, e il suo Segretario, devono tornare a interfacciarsi con i cittadini. Nella sua ascesa Renzi l'ha fatto, inevitabilmente, tramite i media. Ora che è Presidente del Consiglio e Segretario del PD deve farlo delegando ai suoi l'interazione, in carne ed ossa, con l'elettorato attivo. Per fare questo si dovrebbe avere la conoscenza di ciò che succede sui territori e la verifica dell'effettivo (o presunto) slancio innovatore di chi si professa renziano. 

Questo sarà possibile solo se Renzi sceglierà di essere fedele a ciò che ha sostenuto nelle primarie del 2013. Se invece regredirà al Renzi delle primarie del 2012 si rischiano amare sorprese.

giovedì 11 giugno 2015

il pensiero di Berlinguer che più mi è rimasto impresso

Il pensiero di Berlinguer che più mi è rimasto impresso è quello che segue. Quello a cui mi ispiro umanamente prima che politicamente. 

"Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi, può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La prova per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita" 

(Enrico Berlinguer)

mercoledì 3 giugno 2015

impresentabile? io vorrei un De Luca a Palazzo Chigi

Se n'è andata anche questa tornata elettorale. Sono sollevato come non mai. Da sostenitore ante litteram di Vincenzo De Luca per la corsa a governatore della Campania non è stato socialmente facile reggerla senza sbroccare con amici e conoscenti.

Quattro rinvii delle primarie perché gli elettori campani di centrosinistra non volevano saperne di votare qualcun'altro al di fuori di De Luca o Cozzolino. La segreteria regionale, i parlamentari e persino la segreteria nazionale nella figura di Luca Lotti niente hanno potuto per far passare un candidato calato dall'alto, Gennaro Migliore, entrato nel PD da un paio di mesi. L'elettorato campano di centrosinistra si è sentito trattato come un moccioso dell'asilo senza capacità di discernimento, da una pessima dirigenza locale che si ostina a valutare i propri elettori e non a farsi valutare come nella normalità delle cose.

Detto questo, De Luca ha svolto una campagna elettorale che per chi conosce il personaggio è stata di una pacatezza sbalorditiva. L'ultimo incomodo di una commissione antimafia che strumentalizza se stessa non ha fatto nient'altro che acuire la sensazione di ostilità da parte dei propri dirigenti nell'elettorato PD (ex, per fortuna, nel caso di Rosy Bindi).

Impresentabile? Lo vorrei a Palazzo Chigi uno come De Luca. Uno capace, determinato e che si relaziona alla "gente in carne e ossa" come egli stesso, citando Gramsci, indica i cittadini. Uno che "la politica" la sa fare costruendo alleanze programmatiche e che di conseguenza riesce ad attuare "le politiche" che servono allo sviluppo sociale ed economico.

PS chi non lo sapesse, cercasse di capire perché è stato più volte portato in Tribunale e capirà che è uno che le cose le vuole fare per il bene comune; e questo in un certo sottobosco politico-imprenditoriale è un imperdonabile peccato

mercoledì 22 aprile 2015

Se sono gli sbarchi ad essere considerati il problema e non le migrazioni

Gli ennesimi eventi luttuosi del Canale di Sicilia e di Rodi riaccendono i riflettori sulla questione delle migrazioni. Lasciando stare le strumentalizzazioni politiche dei Salvini di turno, e anche di chi mentre ancora si contavano i morti pensavano a ciò che diceva o scrivevano i Salvini di turno. Quello che più mi sorprende e atterrisce, al medesimo tempo, è che per molti il problema è la gestione degli sbarchi e non il fatto che migliaia e migliaia di persone siano costrette a lasciare i luoghi d'origine giocandosi tutto, compresa la vita. Dal punto di vista umano e umanitario troppi sembrano non fare caso a questa realtà; e mi riferisco alla società che troppo spesso ama autodefinirsi civile.

Una singola nazione, cioè l'Italia, si trova ad affrontare quasi da sola gli sbarchi in un momento geo-politicamente infernale, e non può farlo efficacemente. Se anche potesse mi atterrisce che non si parli e si ponga l'accento sul perché migrano queste persone. Eritrea, Siria, Libia e Repubblica Centrafricana, in primis, provocano grandi flussi migratori . Guerre civili, sanguinosissime, spietate e non volute da gran parte di quei popoli. Guerre di ricchi e potenti che macellano gente comune. Ricchi e potenti che lasciando macellare persone in carne ed ossa, accrescono la propria ricchezza e il proprio potere. Scappano da ciò di cui abbiamo paura anche noi ma, a differenza loro, non abbiamo mai vissuto.

Sarebbe opportuno che la società, se vuol essere degna dell'appellativo civile, cominciasse ad interessarsi di questo. Cose lontane? Non ci riguardano? Aiutamoli a casa nostra, una "società civile" dovrebbe farlo.

Se si lasciano affogare le persone non si è migliori di chi le decapita.

martedì 7 aprile 2015

La Diaz e quello che rappresenta

La Corte di Strasburgo ha stabilito che nella notte del 21 luglio 2001 la Polizia di Stato praticò tortura a chi stava all'interno della scuola Diaz per dormire durante le manifestazioni al G8 di Genova. Non che ci volesse un giudice a Strasburgo, o altrove, per saperlo.

L'aria di quei giorni, di cui Genova fu l'apice, era aria di caccia al "comunista" (cioè chiunque fosse non berlusconiano). Berlusconi aveva da poco vinto le elezioni per la seconda volta, con l'alleanza catto-fascista insieme ad AN, UdC e Lega Nord. Nelle strade di Genova non c'erano solo persone di sinistra, ed erano milioni di persone. C'erano i cosiddetti black block, una quarantina di persone, a cui le forze dell'ordine non si opposero. Era un'occasione troppo ghiotta per poter giustificare azioni di squadrismo di Stato contro "le zecche" politicamente avverse, o semplicemente critiche. Berlusconi, Fini, Scajola e i vertici delle forze dell'ordine coordinarono l'esecuzione di un disegno per terrorizzare un'intera nazione. C'era voglia di pestare a sangue le voci critiche, non solo a Genova, che ripeto fu solo l'apice. E' una ferita che non può riaprirsi perché non si è mai chiusa. E' la ferita di chi sa che poteva capitare ad ognuno in quegli anni, e a non pochi è capitato. "Don't clean up this blood" scrisse una ragazza nella Diaz, su un pezzo di carta, l'indomani dei fatti. 

Non laveremo via la memoria sanguinolenta di quella tortura e dell'aria di quegli anni, perché anche volendo non ci riusciremmo.

giovedì 19 marzo 2015

L'attacco è al modo di vivere europeo

A Tunisi, ieri, c'è stato l'ennesimo attentato rivendicato dal califatto islamico, al museo Bardo. Alla fine si contano oltre venti vittime, anche se al momento non c'è un bollettino definitivo. Sono morti anche due attentatori e un agente di polizia. Sembra ci siano almeno tre vittime italiane. 

Ci hanno dichiarato guerra. Al modo di vivere europeo. Alla nostra capacità di confrontarci e pensarla diversamente senza sentirci obbligati ad ammazzarci l'un l'altro. A mio avviso la cosa che più detestano del continente europeo è la capacità di integrare sempre meglio i musulmani al suo interno, il che dimostra che un musulmano può continuare ad esserlo senza assoggettarsi alla sharia. 
Sento frequentemente parlare dell'assenza di un islam moderato. Ho provato ad immaginarmi musulmamo di questo tipo, in Europa, in questo periodo. Sospetto filo-terrorista per tanti autoctoni europei e sospetto traditore dalla parte più osservante della comunità islamica. Voglia di esprimere opinioni troppo nette ne avrei poca.

L'assalto è alla nostra propensione alla convivenza tra varie culture. Non durerà poco, forse durerà decenni. Ci tocca combattere, tutti, intellettualmente. Cedere all'apprensione, regredendo dalla nostra capacità di includere, sarebbe fare un passo verso il modo di vivere dei jihadisti. Dobbiamo temere di diventare un po' alla volta come i seguaci del califfato. Si deve avere paura delle nostre reazioni come società più che dei terroristi.

giovedì 12 marzo 2015

il bigottismo dei sessantottini

Di tutto il Rubygate quello che me ne rimane è l'amarezza per aver visto l'intera opinione pubblica concentrarsi sul gossip e non sulla concussione. Troppo ghiotto il boccone per gli irreprensibili puritani italici, poco importa se 3 su 4 vanno a prostitute almeno saltuariamente. Lo sfruttamento della prostituzione è altra cosa rispetto alla fruizione e condannare Berlusconi in primo grado per questo fu una forzatura. Sulla concussione invece mi è sembrata forzata l'assoluzione.

Lasciando stare la sostanza giuridica mi ha colpito un aspetto del dibattito nell'opinione pubblica: il bigottismo dei sessantottini. Certo il nemico politico è di quelli particolarmente odiosi ma di tutto quello che gli si può rimproverare i giudizi più feroci li hanno espressi sulle sue abitudini sessuali. Addirittura si accodano alla condanna morale della Conferenza Episcopale. Non crediate che consideri edificante che un Presidente del Consiglio nel pieno delle sue funzioni organizzi festini dalle cui partecipanti è risultato uscire il "profilo giusto" per essere parlamentare. Da preferirsi comunque un'olgettina a certe prostitute intellettuali che bazzicano in Forza Italia.

L'opinione pubblica. Mi pongo, da un po' di tempo a questa parte, un quesito: possibile che con l'unico capo di governo nella storia mondiale ad essere riuscito a far salire il debito pubblico facendo ridurre il prodotto interno lordo, non in percentuale ma addirittura in valore assoluto, per trovare un motivo per considerarlo invotabile abbia potuto più l'ipocrisia degli "integerrimi" italiani, che la distruzione del sistema economico e dell'ordinamento giuridico? La risposta è si, ed è tristissimo.

domenica 8 marzo 2015

L' 8 marzo lo intendo così

Giornata mondiale della donna. La celebro da uomo, o forse solo da maschio, per quelle donne che lottano per se stesse e le altre, e sono consapevoli che ciò serve al mondo a non emarginare la metà dei cervelli che potrebbe aiutare a migliorarlo. Per questo e non per il semplice fatto che siate nate femmina.

domenica 1 marzo 2015

Se potessi parlare di persona a Roberto Saviano.

Con Roberto Saviano mi piacerebbe tanto avere l'occasione di parlare di persona come tante altre persone comuni che hanno apprezzato il suo Gomorra e riconoscono la cifra intellettuale dell'autore. Però gli direi che fa troppo il nichilista e quando sei un riferimento per la gente che nella società si muove con le migliori intenzioni questo può essere molto negativo.
Saviano ebbe molto coraggio a scrivere quel libro ma c'è gente che è rimasta sul territorio a combattere la camorra e senza nemmeno la scorta. Quindi, anche se è liberissimo di farlo e ci mancherebbe altro, prima di dire di non andare a votare alle primarie regionali di un partito, in questo caso il PD, come ha invitato a fare alla vigilia della consultazione, torni nella Terra dei Fuochi dov'è nato e dove c'è gente che vive in una prigione sociale che a differenza di quella di Saviano non è nemmeno dorata. Questo il mio consiglio.

venerdì 20 febbraio 2015

La ministro Madia e l'eutanasia del raziocinio.

"Lasciare una zona grigia da affidare a chi ti ama e ti cura"

Secondo la ministro Madia se mi trovassi in fin di vita i parenti o il coniuge dovrebbero decidere per me, lasciandomi in vita anche se non volessi o facendomi morire anche se non volessi. Concettualmente abominevole. Se soffrire, quanto e per quanto, lo dovrebbero decidere persone terze; sempre secondo Madia. L'eutanasia del raziocinio. 

Abominevole è anche che un ministro della Repubblica in carica addirittura esalti in tono positivo le zone grige nell'ordinamento giuridico. Immaginate una cosa del genere detta da "Mariastar" Gelmini. La richiesta di dimissioni sarebbe stata plateale. Personalmente gradirei le dimissioni di Madia. Si, lo so, sto facendo un volo pindarico.

L'Italia è il Paese in cui ci si può rifiutare di fare la chemio quando potrebbe ancora salvarti la vita ma non ti si lascia decidere se, qualora il diretto interessato lo voglia, evitare almeno atroci sofferenze in prossimità di una morte certa.

venerdì 13 febbraio 2015

Lista Falciani. Uno scoop che non lo è.

La lista Falciani soddisfa delle curiosità legittime dei cittadini ma ai fini giuridici non ha la rilevanza che in troppi gli attribuiscono. Sono conti nominali, non coperti da cifratura. Sono praticamente quasi tutte posizioni fiscalmente regolari, ci sono anche conti esigui, da comune mortale, come quello per cui è stato chiamato in causa Civati per un conto intestato al padre. L'effetto scandalo è sempre suadente ma l'informazione è un'altra cosa. Poi se c'è una generale difficoltà ad informarsi bene, da parte del cittadino, come quella che effettivamente c'è in Italia, tutto diventa peggio di quanto già non sia. 

lunedì 2 febbraio 2015

Mattarella e il ritorno della politica.

Abbiamo, come tutti sapete, un nuovo Presidente della Repubblica che risponde al nome di Sergio Mattarella. Giudice Costituzionale, ex Ministro della Difesa e altro ancora. Esponente della sinistra DC, della migliore sinistra DC. Quella sinistra DC con cui Berlinguer, cari sinistrati sappiatelo, si era accordato per dirigere il Paese alla fine degli anni Settanta. Poi ci fu l'uccisione di Aldo Moro che vanificò il progetto dei due giganti della politica, quella vera.

La scelta di Mattarella segna il ritorno alla politica. E' un grande merito di Renzi, Vendola, Monti e dei rispettivi partiti. Le divergenze tecnico-amministrative rimarranno, per fortuna aggiungo, ma il dialogo che c'è stato per arrivare all'elezione al Quirinale di un uomo della caratura intellettuale e istituzionale di Mattarella è un salto gigantesco in avanti.
Mattarella non sarò il notaio di Renzi, non favorirà né si accanirà su Berlusconi, e allo stesso tempo non sarà la testa d'ariete del conservatorismo di sinistra. Sulla carta è una scelta perfetta e perfettamente aderente al dettato costituzionale. La figura di arbitro indipendente, autonomo ed equilibrato.

Aggiungo che potrebbe rivelarsi un passo avanti anche per la laicità dello Stato. Un Presidente di estrazione democristiana, riprendendo i ripetuti ma ignorati moniti di Napolitano, può invitare a legiferare su temi riguardanti i diritti civili senza essere tacciato di ideologismo anticlericale.

mercoledì 28 gennaio 2015

Tsipras e Syriza. Nè demoni nè angeli.

Tsipras e Syriza hanno vinto le elezioni in Grecia. La sinistra-sinistra italiana esulta ma esultare perché un partito affine vince all'estero e rifuggire costantemente dal dovere e dalla responsabilità del governo nei confini nazionali è abbastanza schizofrenico. I leghisti no-euro, dopo averne messi in tasca un bel po' di euro, esultano in funzione antieuropeista.
C'è stata addirittura una delegazione partita dall'Italia, la Brigata Kalimera, che è andata ad assistere alla vittoria di Tsipras come se si trattasse della nascita del Messia. Ora cosa c'entri la Grecia con l'Italia è un mistero, perché per quanto stiamo messi maluccio in confronto alla Grecia siamo una penisola felice.
Tsipras, a differenza della sinistra-sinistra italiana, sa fare la campagna elettorale. Ha sciorinato un programma fantasioso in cui mancava solo il punto "più pelo per tutti" ma nelle condizioni in cui si trovano i greci non c'è da fargliene una colpa, in qualche modo doveva scaldare i cuori. A me non aveva mai dato l'impressione di essere uno sconsiderato ideologizzato e l'ha confermato con la scelta di allearsi con la destra euroscettica per avere più potere negoziale con la UE.
C'è da dire che bisognerà pure andare incontro alla Grecia per aiutarla a respirare e c'è da dire che come Italia gli abbiamo dato quaranta miliardi di euro (40'000'000'000€) mentre noi stessi stavamo in acque agitatissime dal punto di vista finanziario-economico.
Tralasciando le dichiarazioni pro o contro, a prescindere e/o pretestuose, se Tsipras e i suoi dimostreranno di avere pragmatismo e correttezza verso chi ha cercato di tirar fuori dal baratro la Grecia con atti di generosità economica in periodi impervi per tutti avrà sponde utili, altrimenti andrà incontro ad un inevitabile deriva portandosi dietro l'intera Grecia.


mercoledì 14 gennaio 2015

Non giudicate frettolosamente Napolitano.

Napolitano si è dimesso stamattina da Presidente della Repubblica come già ampiamente annunciato. C'è chi ne pensa bene e chi ne pensa male del suo mandato, doppio, da lui stesso definito "un'eccezionalità costituzionale" riferendosi a quelle regole non scritte e prassi consolidate che gli addetti ai lavori definiscono "Costituzione materiale"

Prima di giudicarlo, bene o male, invito a tenere conto da cosa è stato attraversato lo scenario politico italiano soprattutto nel corso del settennato 2006-2013 ad oggi. 
  • Voto parlamentare sul rifinanziamento della missione in Afghanistan. Prodi vuol mettere la fiducia al Senato. Napolitano invita a non farlo. I "mitici" Rossi e Turigliatto votano contro. Il provvedimento viene ripresentato qualche giorno dopo, stavolta con la fiducia. Passa con l'assenza dall'Aula dei due "mitici".
  • Cade Prodi nel 2008, si va a votare, vince Berlusconi che cerca di farsi le leggine per salvarsi dai processi. Napolitano, volendo, poteva applicare, una sola volta, il diritto di veto che la Costituzione riserva al Capo dello Stato per poi ritrovarsi la stessa legge sul tavolo a stretto giro di posta. Firma il Lodo Alfano nel 2009.
  • Nel 2010 la Corte Costituzionale boccia il Lodo Alfano che è quindi abolito.
  • Settembre 2010, Fini esce dal PdL e fonda FLI ma vota la fiducia al governo.
  • Novembre 2010, Di Pietro spinge per ottenere al più presto una mozione di sfiducia. La ottiene per 14 dicembre, una settimana prima che i parlamentari in carica possano avere diritto al vitalizio. Napolitano dice di non avere fretta. Di Pietro lo accusa di parteggiare per Berlusconi. Il 14 dicembre Berlusconi ottiene la fiducia a Montecitorio per 314 a 313. Tutto ciò grazie al voto favorevole di Razzi e Scilipoti, parlamentari del partito di quel "genio" della strategia che fu Antonio Di Pietro.
  • Giugno 2011, referendum su privatizzazione totale dei servizi idrici, centrali nucleari e legittimo impedimento. Ventisette milioni di italiani (tutti bolscevichi?) portano al successo l'iniziativa. Il popolo italiano boccia categoricamente la linea politica ed economica del governo Berlusconi  e Berlusconi stesso.
  • Novembre 2011. Berlusconi: "i ristoranti sono pieni". Tremonti da Ministro dell'Economia non va in Aula a votare il Bilancio dello Stato. Dimissioni di Berlusconi e Governo Monti, e i partiti che decidono di non entrare nell'esecutivo. Ripeto, i partiti decidono di non entrare nell'esecutivo con parlamentari in carica. L'ascesa del clown Grillo comincia qui.
  • Dicembre 2012. Legge di Stabilità (Finanziaria) passa ma i deputati PdL escono dall'aula. Sfiducia di fatto. Dimissioni del governo Monti.
  • Febbraio 2013. Bersani dopo aver vinto le primarie si sente già premier ma riesce a pareggiare con entrambi i clown (Berlusconi e Grillo). Napolitano gli da il mandato esplorativo ma sa che non ha possibilità di riuscita. Bersani si ostina oltremodo nel cercare un accordo impossibile con il Movimento di Grillo e si arriva all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica senza un governo.
  • Aprile 2013. Prodi viene impallinato, da 101 componenti del partito di cui è fondatore, per l'elezione a Presidente della Repubblica. Rielezione di Napolitano e governo di larghe intese con Letta a Palazzo Chigi.
Aggiungeteci che tutto ciò è avvenuto durante una crisi economica internazionale, i fatti di corruzione e malaffare diffuso ovunque nella penisola e ditemi se la democrazia e la forma repubblicana dello Stato hanno retto anche (soprattutto) grazie a Giorgio Napolitano.

giovedì 8 gennaio 2015

#JeSuisCharlie? Fossi in voi non ci giurerei.

Gli integralisti islamici hanno fatto irruzione nella redazione di Charlie Hebdo, giornale satirico, e hanno fatto una strage. Avevano "osato" rappresentare Maometto in delle vignette. Cosa vietata dal Corano. 

I vignettisti di Charlie Hebdo avevano fatto del loro senso di libertà un lavoro. Ironizzare sulle storture del mondo e i paradossi delle confessioni religiose. In molti adesso usano l'hashtag e l'immagine Je Suis Charlie ma fossi in loro non ci giurerei. Non metto in dubbio che siano scossi per quanto accaduto ma molti, in Italia, non hanno la più pallida idea di cosa sia Charlie Hebdo.

Se vedessero le vignette fatte sul cattolicesimo, sui papi cosa direbbero? Anzi, se le avessero viste nel momento in cui sono state pubblicate prima del tragico evento? Se la rivista avesse avuto sede a Roma? Sarebbe stata censurata, è il mio pronostico. Non paragono il cattolicesimo all'integralismo islamico ma il principio di unicità del proprio dio è lo stesso. D'altronde prima del passaggio dell'illuminismo il cristianesimo ha fatto i suoi bei disastri.

Con questo cosa voglio dire non lo so neanche io di preciso. E' solo un piccolo, pacato sfogo. No, nous sommes pas tous Charlie. Lo sono quelli che hanno scelto di essere liberi di infrangere la convenzione dialettica che ruota attorno alle religioni e rifiutano il concetto che non si possano toccare in nessun modo. O almeno accettano che questo possa accadere. No, non siamo tutti Charlie ma non è mai troppo tardi per cominciare.