giovedì 4 dicembre 2014

Perché ritengo la modifica dell'articolo 18 una buona cosa.

Non è vero, penso sia una cosa ottima. Perché? Perché una riforma deve perseguire un obiettivo, che nella fattispecie è l'aumento e il mantenimento dell'occupazione, e non un principio che nei fatti risulta controproducente e al tirar delle somme nega quello stesso principio.

Mi spiego meglio. L'articolo 18 impediva il licenziamento all'azienda in crisi economica. Nel persistere di tale crisi l'azienda è stata costretta a chiudere i battenti e mettere in cassa integrazione (a spese dello Stato) i dipendenti, tutti i dipendenti. Con la nuova formula l'azienda che fosse in una perdurante crisi economica potrebbe licenziare parte dei suoi dipendenti. Prendiamo in esame un ipotetica azienda con 60 dipendenti. Invece di essere costretta a chiudere e licenziare tutti, potrebbe licenziare la metà dei dipendenti (indennizzando a spese proprie in base all'anzianità di servizio) mantenendo in vita l'azienda che col passare del tempo e in caso di superamento della crisi potrebbe arrivare ad impiegare anche più dei precedenti 60 dipendenti.

Guardiamo la questione dalla prospettiva dell'imprenditore, italiano o non, che vuole fare impresa in Italia. Voi aprireste i battenti dove in caso di periodo economico negativo lo Stato vi costringerebbe di fatto a fallire? Io no e neanche voi. Vi invito a guardare la cosa da quest'ottica perché è l'imprenditore che può e vuole investire a creare lavoro.

martedì 18 novembre 2014

Tor Sapienza Capitale

Tor Sapienza non è una periferia. Assolutamente no. Non nello scenario sociale italiano. C'è un centro di accoglienza che riceve in larga parte richiedenti asilo politico e minorenni che è stato assaltato in seguito al presunto tentato stupro di una ragazza da parte di un uomo con accento dell'Est Europa. Nel centro ci sono  persone provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente. Chi l'ha assaltato lo sapeva benissimo.

Cosa rimane quindi della vicenda? Razzismo. Sia quello autentico che quello di riflesso. Per razzismo di riflesso intendo quello suscitato da notizie false, propaganda dell'odio. L'esempio più lampante è la storiella dei trenta/quaranta euro al giorno destinati agli immigrati che sbracano sulle nostre coste. Cosa assolutamente falsa ma, come tutte le leggende metropolitane, rapida a diffondersi e durissima a morire. In un momento come questo di ridimensionamento economico per molte persone può succedere quello che è avvenuto a Tor Sapienza. Spiriti deboli e facili da plagiare hanno la materializzazione del nemico di fronte casa e i professionisti dell'odio xenofobo fanno il resto.

La cosa che più mi ha colpito, documentata dalla trasmissione televisiva Gazebo, sono state tre signore, casalinghe, quelle classificabili come "Laggente". Dichiarano straziate che si aggredisce il centro per richiamare l'attenzione dei media in favore dei rifugiati perché vivono in condizioni pessime. Sembrerebbero parole da dolci nonnine ma le telecamere della trasmissione documentano che all'interno la gestione della struttura è ottimale. 

Quelle tre "nonnine" incarnano tutta l'ambiguità de "Laggente di merda", sempre pronta a protestare per togliere diritti agli altri, che ci ha portato ad avere un certo tipo di governanti e a ritrovarci nella condizione economica e sociale in cui siamo. Di persone così siamo circondati. Sarebbe potuto succedere altrove, indistintamente a Nord, Sud o Centro. A Tor Sapienza si è solo verificata la congiunzione di elementi per dare sfogo alla banalità del male. Roma caput mundi e Tor Sapienza Capitale della cattiveria. 

So perfettamente che non bisogna generalizzare. Non tutti a Tor Sapienza sono così. Non tutti gli italiani sono così. Ma ne siamo circondati. Ovunque. Casapound e Forza Nuova non mi hanno mai fatto veramente paura. Le tre "nonnine" (e chi è come loro) mi inquietano.



sabato 15 novembre 2014

Pensierino sulla mia generazione.

La mia generazione è quella dei nati negli anni Ottanta. Non credo sia migliore o peggiore della precedente ma ovviamente ha i suoi pregi e difetti. Forse più difetti. Un pregio è sicuramente quello di, nel quadro complessivo, mantenere la calma, scambiata da qualcuno per arrendevolezza e mollezza. Non si fa fagocitare troppo però si fa distrarre da temi secondari. E' la generazione che nonostante una scolarizzazione di molto superiore ha molta meno indipendenza economica di qualunque l'abbia preceduta per sostentarsi in base alle esigenze del proprio tempo. Tutto questo senza averne colpe particolari ma ricevuto in "dono" dalla miopia sociale della generazione dei genitori. E mi riferisco più alle persone comuni che ai politici. Nonostante tutto non si arrende, tiene duro, va all'estero, crede nella democrazia. Un difetto pericoloso è quello di assimilare i vizi sociali della generazione precedente. E' pericoloso perché ogni generazione di vizi sociali dovrebbe avere i propri. C'è da aggiungere che ha a disposizione internet e la gran parte dei giovani d'oggi la usa per informarsi male e su piattaforme unilaterali. Un orribile spreco.

Ha internet e i social network ma nei fatti non comunica. Quando lo fa è più per affermare il concetto "ci sono anch'io" che non per esprimere una visione. Questo anche perché non ha mai ritenuto opportuno sviluppare filosofie proprie a cui ispirarsi. Ha ceduto all'utilitarismo (quanto profetico fu Pasolini). Qualcuno sta giocando a farle perdere quella relativa calma che riesce a mantenere. Qualcosa (molto di più) deve essere modificata in questo Paese. Dovrà essere per forza di cose un processo rapido e molto brusco. Stiano attenti quelli che vogliono trasferire il processo dal confronto verbale a quello fisico perché i vulcani più distruttivi non sono quelli costantemente in attività ma quelli quiescenti. Non ne verrebbe fuori nulla di buono perché tra l'altro si muove in ordine sparso e sarebbe un tutti contro tutti.

sabato 11 ottobre 2014

il dualismo politica-magistratura

Il dualismo politica-magistratura, a tratti bilioso, continua ad essere presente nel dibattito nazionale. Quello che io vedo da privato cittadino sono i commenti strumentali della magistratura sulle scelte politiche e analogamente quelli della politica sulle sentenze della magistratura. La presenza di Berlusconi a Palazzo Chigi e il fortissimo consenso elettorale di cui godeva ha reso impossibile per quindici anni affrontare le tematiche della giustizia in modo oggettivo sia per la politica, sia per la magistratura e anche per l'opinione pubblica.

Non si può non iniziare un ragionamento a tal proposito senza analizzare, almeno brevemente, le vicende giudiziarie del'ex Cav. Si è sempre posto come un perseguitato e ciò era falso. Ha avuto però gioco facile a causa del personalismo e della voglia di riflettori di alcuni magistrati sparsi per lo stivale, vedi inchieste a Trani e Napoli. Berlusconi ha sempre accusato e accusa la politicizzazione delle sentenze (giuste) di condanna che ha ricevuto. Anche se nel frattempo Forza Italia era il partito con più magistrati negli scranni parlamentari.

Poi venne il Rubygate dove in primo grado fu (giustamente) assolto per il reato induzione alla prostituzione minorile e (giustamente) condannato per concussione. In appello invece è stato assolto anche per la (palese) concussione. Berlusconi ha esultato e dichiarato ai sette venti che finalmente nell'odiatissimo Tribunale di Milano era stata fatta giustizia. A me invece è venuto il dubbio, quasi certezza, che fosse un'assoluzione politicizzata per fare uno sgarbo al governo Renzi che aveva approvato due settimane prima la responsabilità civile a carico dei magistrati. Come disse il divo Belzebù Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso si ci azzecca.

La magistratura, squallidamente attaccata da personaggi pessimi, deve rendersi conto che ci sono aspetti che a sua volta la rendono una casta ingiustamente privilegiata. Oltre ai giorni di ferie, dimezzati dal governo Renzi a cui i magistrati hanno fatto seguire un atteggiamento berlusconiano, c'è anche il tema del pensionamento. Il magistrato che abbandona la toga, per fare un esempio a 45 anni, percepisce la pensione maturata da quel momento. Nei fatti è un vitalizio e ciò di certo non è un elemento di giustizia sociale.

Se la magistratura avrà il buonsenso di riconoscere le proprie anomalie potrà efficacemente fronteggiare gli attacchi dei pessimi personaggi e riappropriarsi del rispetto che le si dovrebbe convenire e che deve però meritarsi pienamente.

martedì 7 ottobre 2014

La riforma del mercato del lavoro è discussa in modo balordo.

La riforma del mercato del lavoro ribattezzata Jobs Act è la madre di tutte le riforme. Questioni di merito a parte c'è una cosa che mi rattristisce, mi inquieta, ed è il modo in cui i vari soggetti politici e sindacali ne discutono.

Partiamo dal'ala cuperlian-bersaniana del PD. Nella direzione di partito hanno attaccato il premier-segretario sulla necessità di mantenere il reintegro per i licenziamenti di natura discriminatoria. Cosa che non è neppure mai stata proposta da Renzi e dal suo governo. Detto questo credo siano inutili altre analisi.

Passiamo a Civati. Definisce una deriva a destra il provvedimento, dipingendola al limite del criminale. Renzi pone la fiducia al Senato e il nostro affezionatissimo scrive a Giorgio Napolitano. Perché essere dissidenti e prendersene la responsabilità con i dovuti atti parlamentari non è cosa per tutti. Di certo non per Civati e i suoi. Stare sul carro renziano è comodo per tutti.

Arriviamo a Renzi. Meno guascone del solito ed era ora. Allo scrivente l'impianto del Jobs Act piace e quindi anche l'azione di governo nel caso specifico. Ma Renzi deve sempre aggiungere qualcosa di suo in salsa populista e stavolta ha tirato fuori il Tfr in busta paga. L'idea ha avuto il successo che si meritava: quasi zero. Preparare l'annuncio shock senza consultarsi con i propri consiglieri economici denota una smania di consenso che è, anche se pur sempre decisivo in politica, al limite del narcisismo.

Prima di passare ai sindacati facciamo un giro per le opposizioni. A parte che Renzi è sempre e comunque brutto e cattivo, di controproposte non se ne sentono. Regna il nulla.

Cisl e Uil fanno politica sindacale obiettando nel merito delle cose. Assolvono alla loro funzione per dirla in breve. Stessa cosa si può dire di Landini e della Fiom a prescindere dalla condivisione o meno del loro pensiero.
La Cgil invece vuol fare politica. La cosa è resa evidente dalla data scelta per la manifestazione di sigla. Il 25 ottobre, lo stesso giorno in cui Renzi ha fissato la sua consueta Leopolda. Il fatto che l'articolo 18 non è mai stato applicabile per i dipendenti della stessa Cgil, come Renzi ha ricordato, la dice lunga su molte cose. La Cgil, o meglio i suoi vertici, non assolvono alla loro funzione.

Ah dimenticavo! c'è un altro attore e si chiama Berlusconi. Se ne sta zitto nell'angolo perché sa che quella riforma che si sta proponendo adesso doveva, doveva e poteva, farla lui nel suo secondo governo. E' furbo e se ne sta nell'angolo per non ricordare a tutti che l'uomo della presunta rivoluzione liberale, cioè lui, quando nel 2002 i sindacati guidati dalla Cgil portarono tre milioni di lavoratori in piazza si comportò come il più bolscevico dei leader.

E' questo il modo balordo in cui discutono il provvedimento che è la condizione base necessaria per il rilancio dell'economia italiana. Condizione base, non soluzione.
Per uscire dalla crisi economica e soprattutto da quella occupazionale c'è bisogno di investimenti, italiani o esteri che siano, e l'arrivo di questi passa da una riforma drastica del procedimento di giustizia civile e dalla riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro per alleggerire i costi di produzione. Tutto ciò deve essere accompagnato da una tracciabilità seria dei movimenti monetari altrimenti parleremo sempre del nulla.

martedì 2 settembre 2014

Renzi è ultima spiaggia? Nì

Senza fare tanti giri di parole non ritengo che Renzi sia l'ultima spiaggia. Credo che siamo a corto di spiagge. Non perché non ci siano uomini e donne capaci di essere Statisti ma il consenso chi glielo darebbe? Dare una risposta a questa domanda è molto meno banale di quanto possa sembrare.
Il problema principale risiede nell'humus socio-culturale del corpo elettorale. Ormai in buona parte rinsecchito. Nell'epoca di internet e delle sconfinate possibilità che esso dà di fruire dell'informazione dilaga invece la viralità della disinformazione. Quello italiano è in larga parte un popolo indirizzabile quotidianamente e a piacimento, tanto più in un periodo di vacche magre come questo.

Renzi è l'ultima spiaggia? Comincerei con l'analizzare chi sono i leader degli schieramenti d'opposizione.
Berlusconi. La sua fama lo precede, purtroppo per noi ma non per lui. E' riuscito a dare le colpe al centrosinistra dei provvedimenti non attuati da lui in 3 governi. Con un elettorato attento sarebbe stato impossibile.
Grillo. Ha preso i voti urlando nelle piazze che con il suo Movimento tutti sarebbero andati in pensione a 60 anni e tutti i disoccupati avrebbero percepito 1000€ al mese. Bellissimo. Milioni di persone (quelli che un lavoro ce l'hanno) da tempo percepiscono di meno. Va da sé che sarebbe conveniente essere disoccupati. Poi però non chiedetegli i soldi dove li prendiamo. Ah sì, usciamo dall'Euro tornando alla sovranità sui soldi del Monopoli...

Domanda successiva. Considerato ciò, come pensate si possano fronteggiare due portenti dell'affabulazione come Grillo e Berlusconi in un contesto di scarsa conoscenza tecnica e scarsa coscienza politica del corpo elettorale. Peraltro in una nazione dove la fascia demografica più corposa è quella degli over65 già in pensione?

Renzi non è l'ultima spiaggia. L'ultima spiaggia è il suo antipaticissimo modo di fare. Qualcuno si chiede come Renzi abbia potuto raccogliere tanti voti nell'elettorato storicamente a sinistra. Renzi è stato il voto di protesta contro l'intellettualismo fine a se stesso, e a se stessi. Renzi non considera una iattura governare, decidere, inevitabilmente sbagliare qualche volta. E se qualche duro e puro "comunista", che magari a 45 anni già stava in pensione, considera questo la fine della sinistra, non è poi un gran male.

venerdì 25 luglio 2014

Comincerete mai a verificare le notizie?

Prendiamo ad esempio la storia dell'imposizione dell'infibulazione a tutte le donne del fantomatico califfato islamico. Avete, in buona percentuale condiviso e contribuito a viralizzare l'ennesima fesseria. Stavolta siete parzialmente giustificati dal fatto che la notizia è stata rilanciata dai media di tutti i livelli. Ma l'hanno fatto conoscendo benissimo la propensione che hanno gli utenti a verificare se una notizia sia veritiera o falsa.

E questo accade con qualunque tipo di argomento. Con le questioni serie il problema diventa pesante perché formano anche l'opinione socio-politica dell'individuo, che alla luce di questa credulità esprime il proprio giudizio e voto.

Per la cronaca, la pratica dell'infibulazione rimane molto diffusa e ad attuarla sono spesso le madri. Però non ci sarà il cattivissimo Al Baghdadi ad imporla e ve ne fotterete altamente. Magari preferendo la lotta contro la vivisezione a fini scientifico-sanitari o contro la sovralimentazione delle oche per ottenere il foie gras.

martedì 17 giugno 2014

E' politica la soluzione al "femminicidio"?

Leggo di appelli alla politica per fermare gli assassinii (detti femminicidio) di donne ad opera dei loro partner. Ma la politica può impedire ad un assassino o un'assassina di essere tali? Penso proprio di no. Si deve puntare sull'educazione dei figli di questa generazione e magari, le donne in primis, staccarsi da logiche filo-clericali (non intendo la fede religiosa in sé) che ancora riscuotono consensi e che indirettamente, ma inesorabilmente, sminuiscono la donna in quanto tale. E comunque bisogna fare i conti con il fatto che nella natura umana sono incluse anche atrocità come quelle di cui siamo costretti a parlare in questi giorni. Purtroppo.

PS perché quando una donna ammazza un'altra donna non lo chiamate femminicidio? Perché è una definizione che non ha senso.

martedì 10 giugno 2014

Il dato più "pesante" delle elezioni europee e amministrative 2014

E' giunta al termine la tornata elettorale del 2014. I dati sintetici sono questi: 
  • Il m5s in fin dei conti tiene botta raggiungendo il 20% alle europee
  • Forza Italia non sfonda più tra casalinghe e pensionati
  • Il PD ottiene il 41% alle europee, conquista 160 su 235 tra i comuni maggiori e 20 su 29 tra i comuni capoluogo
C'è, però, un non detto che tutte le forze politiche conoscono bene: 
  • conquistando la maggioranza dei consensi nell'area Nord, e in Lombardia soprattutto, qualora dovessero confermarsi ad eventuali elezioni politiche, il PD vincerebbe da solo anche senza modificare il Consultellum e senza riforma del Senato.

sabato 31 maggio 2014

Può esistere il concetto di tradimento in politica?

Ripetutamente e ciclicamente dopo le elezioni, soprattutto quelle amministrative locali più che in quelle politiche, si parla di tradimento. Personalmente ritengo che, in politica, il concetto di tradimento sia inappropriato. Si può parlare di voltagabbana, qualora ci fosse un clamoroso capovolgimento di una posizione per fini utilitaristici. E questo può anche starci. Talvolta però questi mutamenti sono seguiti da panegirici con tendenza all'arrampicamento sugli specchi. E questo non ci sta.

Io ritengo che in politica si facciano delle scelte, ognuno le proprie, e che le cose siano fisiologicamente mutevoli. Si può mutare posizione, non usare argomentazioni paravento. A quel punto sì che c'è il tradimento, il tradimento di se stessi.

sabato 12 aprile 2014

Perché mi sento e sono europeo

L’Europa non esiste”. Quest’affermazione la sento ripetere come se l’Europa e il sapersi europei fosse una condanna. Io mi sento europeo perché lo sono.

Sono europeo perché credo nel “welfare state” dove verrebbe premiato il merito, la capacità e l’impegno dopo che sia stata data a tutti la possibilità di esprimere le proprie attitudini e ci sia un sistema che aiuti ciascuno a capire tale attitudine dove si celi; perché credo in un sistema-stato che dia sostegno economico e formativo a chi momentaneamente è impossibilitato ad esercitare le proprie capacità e conoscenze.

Mi sento e sono europeo perché voglio che le tasse pagate siano il corrispettivo dei servizi che mi vengono offerti, voglio che la legge non mi appaia come un fardello da subire perché iniqua e approssimativa, voglio che la ricchezza non sia odiata perché avuta grazie all'ingegno sano o perché si è fatto qualcosa di utile alla collettività, voglio che neanche la povertà sia odiata come se fosse un crimine.

Si può credere che un cittadino di Berlino, Parigi, Londra, Madrid o Atene non possa desiderare lo stesso? Preferireste avere a che fare con una bella persona olandese, portoghese, greca o con una pessima persona italiana?

A queste domande ci diamo la stessa risposta. Ecco perché sono e siamo europei.

lunedì 31 marzo 2014

E' morto il Senato, W il Senato?

Finalmente in via di presentazione il testo di legge per la modifica del Senato da camera elettiva a camera degli eletti, i cui membri dovrebbero essere i rappresentati delle amministrazioni regionali e 5 membri scelti dal Presidente della Repubblica .
Una riforma sicuramente "pesante" sulla quale si intrecciano molteplici giochi funzionali alla campagna elettorale in vista delle europee.

Oltre all'aspetto tecnico-legislativo questa eventuale riforma è importante per un aspetto profondamente politico. Renderà possibile inquadrare chi è che vuol fare le riforme, chi non vuole farle ma soprattutto chi ha sempre sostenuto di volerle fare ma in realtà non vuole.

Renzi sembra tirare dritto sulla questione e non potrebbe fare diversamente su una riforma che si intreccia con la legge elettorale che deve portare finalmente l'Italia all'elezione diretta del Presidente del Consiglio. Ci sarà un assalto feroce da parte di predicatori senza sostanza quali Grillo e Vendola, allergici alla maggioranza per l'onere della responsabilità che deriva dal farne parte. Ci sono poi gli alleati di maggioranza che sono abituati a giocare al risiko dei veti incrociati per far andare tutto alla malora e nel caso specifico per depotenziare l'azione e quindi il progressivo incremento dei consensi di Renzi.

Renzi tira dritto per non rimanere invischiato in siparietti visti centinaia di volte, e nel caso non si arrivasse agli obiettivi prefissati palesare chi l'ha impedito.
Sperando ci sia un limite ai deliri politici a cui ormai da troppo tempo assistiamo.


lunedì 10 marzo 2014

Parità di genere?

Il percorso della legge elettorale definita Italicum si ferma alla Camera perché sono in discussione gli emendamenti sulla parità di genere.

Il primo grande equivoco è di naturale lessicale. Parità di genere non è sinonimo di quote rosa. Presuppone che ci sia un egual numero di esponenti dei due sessi. Quindi se ritenessi che le due donne sono migliori dei due uomini presenti nel listino non potrei votarle entrambe. Concettualmente abominevole.

Poi, come troppo spesso accade, nel dibattito c'è la presenza di chi farebbe demagogia anche sulla madre (Alfano su tutti). Nel caso specifico c'è chi contemporaneamente "combatte" per le preferenze e per l'imposizione della parità di genere. La contraddizione è evidente e fastidiosissima.

Questo concetto artificioso di parità di genere va contro il merito, la logica ed è pure irrispettoso delle donne. E' irrispettoso perché implica l'impossibilità che ci possano essere più donne che uomini negli scranni parlamentari.

Il fatto che tante donne appoggino questa proposta è la cosa più angosciosa.

martedì 18 febbraio 2014

Governo Renzi e dintorni

Matteo Renzi si appresta a diventare Presidente del Consiglio. Lo fa con una manovra politicamente volgare. Non posso che considerare tale l'impallinare un premier del tuo partito per sostituirlo, ma rimanere con la stessa maggioranza parlamentare.


Già, rimanere con la stessa maggioranza parlamentare. Che senso ha per chi richiama continuamente alla vocazione maggioritaria? In chi ha vocazione maggioritaria non dovrebbe esserci spazio per la voglia di andare a Palazzo Chigi senza elezioni (anche se ci può stare) ma soprattutto non dovrebbe esserci la voglia di legare il destino dei propri progetti di riforma alle volontà di Casini e Formigoni.

La questione principale è proprio questa, in quanto il governo Letta nacque per cause di forza maggiore mentre il governo Renzi nascerà per una scelta precisa e volontaria di Renzi. Con la stessa maggioranza. Il programma che Renzi dice di voler attuare è, a parer mio, buono se non ottimo. Potrebbe avere serie difficoltà nel farlo a causa della maggioranza spuria che si ritroverà, ma se la ritroverà di spontanea volontà ed è proprio quello che potrebbe pagare in caso di insuccesso. L'alibi dei numeri risicati e dei veti posti dagli altri, se lo userà, si ritorcerà inevitabilmente e giustamente contro di lui e anche il resto del PD che fino a pochi giorni fa lo accusava di essere un simil-berlusconiano.

Inoltre risulta evidente l'incoerenza del segretario PD. Certo la coerenza ad oltranza in politica è quasi impossibile da perseguire ma sbugiardarsi come ha fatto lui nel breve volgere di poche ore è un bruttissimo segnale che non è sfuggito prima di tutti agli elettori che l'hanno sostenuto per le primarie del dicembre 2013.

Ha compiuto un'operazione ad elevato livello di azzardo da cui, tra l'altro, anche chi è nella sua cerchia più stretta non può sottrarsi anche se non la condividesse. Se falliranno l'aggancio alla ripresa economica e al riscatto civico dell'Italia ne saranno i responsabili.
Cosa che personaggi come Casini e Formigoni sicuramente gradirebbero...



mercoledì 5 febbraio 2014

Bruciate libri? Datevi fuoco!

Negli ultimi mesi si sono avuti due episodi in cui qualcuno se l'è presa con i libri. Il primo è stato l'intimazione, rivolta ad un libraio, di abbassare le serrande durante una manifestazione di piazza, pena il rogo dei libri. Il secondo una foto postata su facebook da un deficiente col pedigree dove era immortalato un libro che bruciava nel suo camino; l'autore gli risultava poco simpatico.

Innanzitutto bisogna pensare che bruciare un libro, per quanto in disaccordo si possa essere con il contenuto, significa fare uno sfregio alla scrittura stessa e quindi al mezzo che ha permesso all'homo sapiens sapiens di diventare tale. Bruciare un libro significa, per chi adotta questa pratica, che la propria regressione verso lo stato di australopiteco è in fase avanzata.

Qualora foste parte di questa specie di primati ominidi vi rivolgo un "caloroso" invito: datevi fuoco!




mercoledì 22 gennaio 2014

La posizione del dimissionario

Abbiamo una proposta di legge elettorale. E Cuperlo (ghost-writer di D'Alema) che fa? Si oppone energicamente fino a decidere di lasciare la presidenza dell'assemblea del PD, carica non direttiva ma fortemente simbolica.
Eppure c'è il doppio turno, tema tanto caro in primis alla sua area, che da la garanzia che dopo il voto ci sia un vincitore. E invece si oppone perché non ci sono le preferenze. Non può offendersi se Renzi gli ha ricordato che lui è in Parlamento senza essere nemmeno passato per le primarie interne.

Imputa a Renzi di essere troppo decisionista. Ma come? Questa è la prima decisione politica presa dal nuovo segretario e già dice che è troppo decisionista. Che quell'area avesse una certa vocazione all'immobilismo, d'altronde, lo si sospettava già.
Il motivo principale, allo stato attuale, ritengo sia nella forma mentis dell' area cuperliana. Essere stati politicamente demoliti dal voto delle primarie, non riuscendo a prendere nemmeno un quinto dei voti, non impedisce loro di pretendere di dettare la linea al partito in nome della loro presunta superiorità di non si sa cosa. Non che chi perda, e conseguentemente le sue idee, non siano degni di cittadinanza politica ma il rispetto della democrazia interna e del tanto decantato rapporto con la base dove lo mettiamo? Perché la democrazia devi piacerti, sempre, anche quando sei minoranza.

Renzi l'ha fatto quando è stato sconfitto da Bersani nelle primarie del 2012 e un anno dopo è diventato segretario del Pd e mazziere della politica italiana. Ha rispettato il risultato Democratico e non a caso ha vinto le primarie con il 75% dei voti in Toscana e Emilia-Romagna, le regioni di sinistra per antonomasia.

venerdì 10 gennaio 2014

La politica dovrebbe essere questo

L'Italia e prima di tutto gli italiani hanno bisogno che i partiti siano il mezzo per discutere e fare politica, quella degna di questo nome, e non entità dalla quale chi vuol fare buona politica, anche facendone parte, debba difendersi. La questione della rappresentanza parte dall'avere la facoltà di scegliere un candidato con nome e cognome ma va ben al di là di questo. E' sete di rappresentanza delle proprie idee, di spazi politici di discussione effettiva e non di sterili pour parler. E' sete di confrontare queste idee in relazione alle cose concrete, alle problematiche e alle opportunità del quotidiano.

I partiti, e conseguentemente la politica, dovrebbero essere questo.

martedì 7 gennaio 2014

Renzi, Fassina e Ponzio Pilato

"Fassina chi?". Queste sono le parole incriminate di Renzi che hanno indotto il vice-ministro dell'economia a rassegnare le proprie dimissioni. Personalmente ritengo quantomeno singolare che si esca dal governo Letta per le parole di una terza persona a cui per mesi, tra l'altro, lo stesso Fassina ha dato, più o meno velatamente, del fascistoide.

Renzi, francamente, poteva risparmiarsi questa boutade ma dimettersi da un incarico ministeriale per questo è irriguardoso delle istituzioni da parte di Fassina.

Quand'era in maggioranza il "giovane turco" faceva continuamente appello allo spirito di appartenenza al partito. Quel partito si chiama Partito Democratico e da umile militante di esso, a chi in un determinato momento non riesce ad accettare di essere minoranza interna e, citando Fassina stesso, "in un momento di gravi emergenze economiche e sociali" se ne lava le mani, posso solo augurare e sperare che faccia buon viaggio verso altri lidi.