sabato 7 dicembre 2013

Si dica che vissi al tempo di Mandela

Era un pomeriggio non troppo caldo di giugno nel 1995. Si disputavano i mondiali di rugby. Alla tv c'era un omino dal sorriso dolce e dall'aria soddisfatta. Lo inquadravano in continuazione e io mi arrabbiavo perché spostavano l'inquadratura dal campo dove si giocava la finale tra Sudafrica e Nuova Zelanda, dove giocava il mitico Jonah Lomu. Non avevo ancora compiuto 10 anni. Pochi minuti prima avevo visto vincere l'Avellino calcio il suo spareggio per la promozione in serie B. Credo che quella sia stata la mia prima volta da euforia sportiva. Facevo un tifo sfegatato per il Sudafrica senza sapere il perché, fu una di quelli feroci decisioni fanciullesche che non concedono appello. Sarà stata la maglia verde, forse, o quella massa danzante e variopinta sugli spalti. Vinse il Sudafrica e l'omino dal sorriso dolce premiò la squadra vincitrice. Ero ben lontano dal sapere e capire chi fosse Nelson Mandela ma già la sua prossemica, tutte le movenze del suo corpo, il suo incedere mi infondevano una sensazione come di serenità. Tempo dopo Madiba divenne il mio idolo. Lessi. Capii. La sua deposizione nel cosiddetto "processo di Rivonia", nel quale rischiava la pena di morte e dove fu condannato ai 27 anni di carcere, andrebbe imposta forzatamente nei programmi scolastici come materia a sé stante. Spiegò quali reati aveva commesso (sabotaggi per lo più) assumendosene la responsabilità e negando qualsiasi attività dell'Umkhonto we Sizwe (Lancia della Nazione) in qualunque omicidio. La Lancia della Nazione era un'organizzazione parallela all'ANC, il partito di cui faceva parte Mandela, che compieva azioni di sabotaggio e organizzava scioperi contro le leggi sempre più restrittive nei confronti della popolazione nera. Andò in galera, lo misero ai lavori forzati e lo torturano. La sua impresa, probabilmente, è li che inizia a prendere veramente corpo. Invece di sputare rancore sui suoi carcerieri, dialoga con loro e lo fa perfezionando sempre più la lingua afrikaner, la lingua dei bianchi. L'apartheid partiva fin dalla lingua, la lingua dei neri era l'afrikaans.


Uscì di galera, divenne Presidente del Sudafrica, nel primo voto a suffragio universale. Il suo capolavoro fu frenare la, pur comprensibile, voglia di vendetta della popolazione nera che nei numeri era cinque volte superiore a quella bianca. Il mondiale di rugby fu la prova del nove per questo obiettivo. Prima che si disputasse la competizione, Mandela irruppe a sorpresa in una riunione dove si decideva se tenere o meno l'appellativo Springboks (simbolo del dominio bianco) per la nazionale di rugby. Utilizzò il suo carisma per imporre la sua volontà, per tenere in piedi il proprio disegno, e tenere fede alle parole che pronunciò in chiusura del suo discorso d'insediamento il 10 maggio 1994:


"Dedichiamo questo giorno a tutti gli eroi e le eroine di questo paese e del resto del mondo che si sono sacrificati in tanti modi e che hanno dato la propria vita perché noi potessimo essere liberi.
Il loro sogno è diventato realtà. La loro ricompensa è la libertà.
È con umiltà ed entusiasmo che ricevo l'onore e il privilegio che voi, popolo del Sudafrica, mi conferite di guidare il nostro paese fuori da questa valle oscura, in qualità di primo presidente di un Sudafrica unito, democratico e libero da discriminazioni razziali e sessuali.
Ci rendiamo conto tuttavia che non esiste una strada facile per la libertà.
Sappiamo bene che nessuno di noi può farcela da solo.
Per questo dobbiamo agire insieme, come un popolo unito, per riconciliare il paese, per costruire la nostra nazione, per dare vita a un nuovo mondo.
Che ci sia giustizia per tutti.
Che ci sia pace per tutti.
Che ci sia lavoro, pane, acqua e sale per tutti.
Che tutti sappiano che il corpo, la mente e l'animo di ogni uomo sono ora liberi di cercare la propria realizzazione.
Mai e poi mai dovrà accadere che questa splendida terra conosca di nuovo l'oppressione dell'uomo sull'uomo e patisca l'indegnità di essere la vergogna del mondo.
Che il sole non tramonti mai su questa gloriosa conquista dell'umanità"



mercoledì 27 novembre 2013

Berlusconi decade da vincitore. Ha sconfitto l'Italia.

Berlusconi ha vinto. Berlusconi decade da senatore e diventa incandidabile, ma lo fa da vincitore.

Ha sconfitto l'Italia. Ne ha distrutto il senso civico e la cultura facendo leva sull'incapacità della sinistra di scendere dal piedistallo di una presunta superiorità morale e intellettuale. Diventato Presidente del Consiglio ha continuato a delinquere, più di prima. Flotte di persone lo hanno difeso in nome dell'anti-comunismo.

Tutti i suoi alleati di questi 20 anni hanno creduto di poter disfarsene. Prima Bossi nel '94. Memorabile l'articolo sul quotidiano di partito "La Padania" del '98 che svelò al mondo le connivenze tra il Berlusconi e Cosa Nostra. Ovviamente dopo due anni la Lega Nord, partito del celodurismo, si presentava alle elezioni nella coalizione Casa delle Libertà, coalizione guidata dall'allora Cavaliere. 

Vinse le elezioni del 2001, dopo il capolavoro del "genio" D'Alema (considerato da qualcuno un fine tattico!) che si fidò di lui in sede di Bicamerale. Nelle elezioni del 2006 gli si contrappone, nuovamente come nel 1996, Romano Prodi alla guida delle forze di centrosinistra. I sondaggi e le proiezioni davano il Professore in netto vantaggio ma ecco che il venerdì antecedente alle urne, sullo scadere del confronto tv, il nostro genio criminale tirare fuori il ditino indice della mano destra, sfoderare il suo sorriso che partiva da un lobo e finiva a quell'altro, guardare l'obiettivo della telecamera e annunciare che avrebbe abolito l' I.C.I. sulla prima casa.

Milioni di esemplari di homo italiotas non resistettero al richiamo delle briciole che cadono dalla tovaglia e così al Senato si ebbe una maggioranza di soli due senatori per il centrosinistra. E se con due senatori in più hai tra le tue fila Mastella, Capezzone e De Gregorio non può che andare a finire in malo modo.

Si tornò alle urne nel 2008, la sfida era con Veltroni, alla guida del neonato Partito Democratico. La campagna elettorale impostata sul "ma anche" è un trauma che personalmente non supererò mai.

Berlusconi ottenne la maggioranza più ampia nella storia repubblicana d'Italia. Fu la legislatura del Lodo Alfano e di tutte le peggiori angherie istituzionali possibili. Fini, dopo avergli fatto da cane da riporto per 16 anni pronunciò ,il famoso "che fai mi cacci?". Se ne andò da solo, incontro all'epilogo politico che meritava.
Nel frattempo c'è stato il governo Monti, il nascere del governo Letta e la scissione dei cosiddetti ministeriali, fino ad arrivare alla fatidica data di oggi.

Berlusconi decade ma nel frattempo ha distrutto l'ordinamento giuridico dello Stato, ha incrementato gli introiti delle sue aziende, ha fatto in modo che si consolidassero gli oligopoli delle lobby che l'hanno appoggiato. Ha lasciato l'Italia nel guado.

Berlusconi è sceso in campo e l'ha inquinato. Ora che è decaduto e incandidabile l'attenzione deve spostarsi su altri argomenti. Ho 28 anni. Berlusconi è stato in politica per 20. Tutta la mia vita. La mia generazione merita di essere liberata dai dibattiti su di lui.

mercoledì 20 novembre 2013

Se telefonando...

Se telefonando... così cantava Mina in una sua celeberrima canzone. Se telefonando si abusa del proprio ruolo istituzionale, e il tuo ruolo è quello di Ministro di Grazia e Giustizia, forse la cornetta non dovresti alzarla.

La pensava e la pensa diversamente la ministro Cancellieri che ha chiamato (ops! non l'ha fatto lei ma il marito) componenti della famiglia Ligresti per pianificare la scarcerazione per "motivi umanitari" di Giulia Ligresti, che insieme al padre e al fratello, latitante in Svizzera, hanno letteralmente spolpato, in maniera fraudolenta, una delle più importanti imprese assicuratrici italiane, Fondiaria-Sai, danneggiando migliaia di piccoli risparmiatori.

Nonostante i fatti siano chiarissimi e non depongano a suo favore, la signora Cancellieri mentre riferiva nell'Aula di Montecitorio ha avuto l'ardire di mostrarsi offesa e adirata per la mozione di sfiducia presentata dal movimento 5 stelle. Scrivo Aula di Montecitorio, con le maiuscole, per riflesso condizionato e per ostinazione, perché da troppo tempo la dignità del Parlamento viene presa a sassate da chi lo occupa. Stavolta è toccato alla ministro Cancellieri, con le sue mancate dimissioni, e al premier Enrico Letta.

Il premier, nella sera precedente al voto sulla mozione di sfiducia alla ministro, è intervenuto all'Assemblea del PD, suo partito d'appartenenza, per dire che, in caso di voto favorevole alla mozione di sfiducia a Cancellieri, il gesto dovesse essere considerato un voto contro il Governo che presiede. Mi domando: si può affossare qualunque forma di buonsenso e di etica istituzionale in nome della stabilità di governo? Me lo domando perché mantenere stabile una formazione di governo che nei fatti non riesce a fare nulla di significativo di certo non serve all'Italia. Ancora meno si ha bisogno di vedere, da  parte chi ha il compito di tracciare la rotta del Paese, un maldestro tentativo di dissimulazione di un evidente abuso di potere come quello della signora Cancellieri.

Letta dice che la mozione presentata dal movimento 5 stelle sia pretestuosa, e in parte credo anch'io che lo sia, ma non per questo vuol dire che sia sbagliata. La questione è che con questa storiaccia ad avere il sangue avvelenato sono soprattutto chi, come me, è elettore PD.

Io da elettore PD mi pongo una domanda: ma un governo guidato da un Presidente del Consiglio che mette la faccia in difesa di un abuso di potere, merita la fiducia?