mercoledì 22 gennaio 2014

La posizione del dimissionario

Abbiamo una proposta di legge elettorale. E Cuperlo (ghost-writer di D'Alema) che fa? Si oppone energicamente fino a decidere di lasciare la presidenza dell'assemblea del PD, carica non direttiva ma fortemente simbolica.
Eppure c'è il doppio turno, tema tanto caro in primis alla sua area, che da la garanzia che dopo il voto ci sia un vincitore. E invece si oppone perché non ci sono le preferenze. Non può offendersi se Renzi gli ha ricordato che lui è in Parlamento senza essere nemmeno passato per le primarie interne.

Imputa a Renzi di essere troppo decisionista. Ma come? Questa è la prima decisione politica presa dal nuovo segretario e già dice che è troppo decisionista. Che quell'area avesse una certa vocazione all'immobilismo, d'altronde, lo si sospettava già.
Il motivo principale, allo stato attuale, ritengo sia nella forma mentis dell' area cuperliana. Essere stati politicamente demoliti dal voto delle primarie, non riuscendo a prendere nemmeno un quinto dei voti, non impedisce loro di pretendere di dettare la linea al partito in nome della loro presunta superiorità di non si sa cosa. Non che chi perda, e conseguentemente le sue idee, non siano degni di cittadinanza politica ma il rispetto della democrazia interna e del tanto decantato rapporto con la base dove lo mettiamo? Perché la democrazia devi piacerti, sempre, anche quando sei minoranza.

Renzi l'ha fatto quando è stato sconfitto da Bersani nelle primarie del 2012 e un anno dopo è diventato segretario del Pd e mazziere della politica italiana. Ha rispettato il risultato Democratico e non a caso ha vinto le primarie con il 75% dei voti in Toscana e Emilia-Romagna, le regioni di sinistra per antonomasia.

venerdì 10 gennaio 2014

La politica dovrebbe essere questo

L'Italia e prima di tutto gli italiani hanno bisogno che i partiti siano il mezzo per discutere e fare politica, quella degna di questo nome, e non entità dalla quale chi vuol fare buona politica, anche facendone parte, debba difendersi. La questione della rappresentanza parte dall'avere la facoltà di scegliere un candidato con nome e cognome ma va ben al di là di questo. E' sete di rappresentanza delle proprie idee, di spazi politici di discussione effettiva e non di sterili pour parler. E' sete di confrontare queste idee in relazione alle cose concrete, alle problematiche e alle opportunità del quotidiano.

I partiti, e conseguentemente la politica, dovrebbero essere questo.

martedì 7 gennaio 2014

Renzi, Fassina e Ponzio Pilato

"Fassina chi?". Queste sono le parole incriminate di Renzi che hanno indotto il vice-ministro dell'economia a rassegnare le proprie dimissioni. Personalmente ritengo quantomeno singolare che si esca dal governo Letta per le parole di una terza persona a cui per mesi, tra l'altro, lo stesso Fassina ha dato, più o meno velatamente, del fascistoide.

Renzi, francamente, poteva risparmiarsi questa boutade ma dimettersi da un incarico ministeriale per questo è irriguardoso delle istituzioni da parte di Fassina.

Quand'era in maggioranza il "giovane turco" faceva continuamente appello allo spirito di appartenenza al partito. Quel partito si chiama Partito Democratico e da umile militante di esso, a chi in un determinato momento non riesce ad accettare di essere minoranza interna e, citando Fassina stesso, "in un momento di gravi emergenze economiche e sociali" se ne lava le mani, posso solo augurare e sperare che faccia buon viaggio verso altri lidi.