lunedì 3 ottobre 2016

Aver portato riforma del Senato e legge elettorale su un unico binario ha reso il referendum un win-win per Renzi

Mancano due mesi al referendum sulla riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione. 
Se ne parla ormai da mesi, giustamente, e per iniziativa soprattutto della minoranza del Partito Democratico il discorso è focalizzato principalmente sul cosidetto "combinato disposto" della riforma con la legge elettorale, chiamata italicum, in vigore dal 1° luglio 2016 ed entrambe votate dalla stessa minoranza PD

Si pone l'accento sul presunto pericolo di deriva autoritaria che verrebbe dall'avere la sola Camera dei Deputati ad esprimere la fiducia al governo e una legge elettorale che ha il "terribile" difetto di offrire un vincitore certo tramite il voto diretto dei cittadini al ballottaggio. Praticamente è come dire che l'Unione Europea di cui facciamo parte sia un crogiuolo di Stati simil-fascisti zeppo di dittatori di ogni risma. Ma, tralasciando ciò che è per chi scrive un'autentico delirio concettuale, anche dal punto di vista tattico non è meno deleterio. Portando la riforma del Senato e della legge elettorale sullo stesso binario percettivo, la minoranza, essendo minoranza di fatto nel tessuto del partito e non solo numerica in Parlamento, ha reso il referendum un win-win per Renzi; almeno nei loro confronti. 

Se al referendum passa il sì va da sé che Renzi vince, ma se passa il no Renzi non vince la battaglia generale ma vincerà, ineluttabilmente, la battaglia interna e in misura ancora più larga di quanto avverrebbe in caso di vittoria del sì. Se rimane l'italicum avrà la possibilità di scegliere capilista e portare anche i suoi a contendersi il posto soggetto a preferenze con gli esponenti della minoranza interna. Se vince il no e si cambia l'italicum dopo sarà battaglia campale e la minoranza soccomberà, ineluttabilmente ripeto, e confluirà nella formazione che ad oggi si chiama Sinistra Italiana che con una legge elettorale proporzionale farà da spettatrice ad un governo PD - centrodestra moderato. Proprio questo è il motivo per cui Berlusconi, nelle vesti di Parisi, asseconda e accompagna le iniziative sia dalemiane, nelle vesti di Bersani, sia dei grillini. 

Se al referendum passa il sì Renzi avrà avuto la meglio, se passa il no avrà la meglio nella fase appena successiva. Per logica, ma temo faccia loro difetto, la minoranza dem dovrebbe tenere fede al proprio voto in Parlamento e votare sì per poi sedersi al tavolo con il proprio Segretario (accettando o solo rassegnandosi al fatto che Renzi lo è e lo sarà) per intessere le fila di un dialogo che fa comodo a entrambe le parti ma che ad una di esse è necessario alla sopravvivenza politica;
e quella parte non è certamente quella alla cui testa c'è Renzi.