sabato 11 ottobre 2014

il dualismo politica-magistratura

Il dualismo politica-magistratura, a tratti bilioso, continua ad essere presente nel dibattito nazionale. Quello che io vedo da privato cittadino sono i commenti strumentali della magistratura sulle scelte politiche e analogamente quelli della politica sulle sentenze della magistratura. La presenza di Berlusconi a Palazzo Chigi e il fortissimo consenso elettorale di cui godeva ha reso impossibile per quindici anni affrontare le tematiche della giustizia in modo oggettivo sia per la politica, sia per la magistratura e anche per l'opinione pubblica.

Non si può non iniziare un ragionamento a tal proposito senza analizzare, almeno brevemente, le vicende giudiziarie del'ex Cav. Si è sempre posto come un perseguitato e ciò era falso. Ha avuto però gioco facile a causa del personalismo e della voglia di riflettori di alcuni magistrati sparsi per lo stivale, vedi inchieste a Trani e Napoli. Berlusconi ha sempre accusato e accusa la politicizzazione delle sentenze (giuste) di condanna che ha ricevuto. Anche se nel frattempo Forza Italia era il partito con più magistrati negli scranni parlamentari.

Poi venne il Rubygate dove in primo grado fu (giustamente) assolto per il reato induzione alla prostituzione minorile e (giustamente) condannato per concussione. In appello invece è stato assolto anche per la (palese) concussione. Berlusconi ha esultato e dichiarato ai sette venti che finalmente nell'odiatissimo Tribunale di Milano era stata fatta giustizia. A me invece è venuto il dubbio, quasi certezza, che fosse un'assoluzione politicizzata per fare uno sgarbo al governo Renzi che aveva approvato due settimane prima la responsabilità civile a carico dei magistrati. Come disse il divo Belzebù Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso si ci azzecca.

La magistratura, squallidamente attaccata da personaggi pessimi, deve rendersi conto che ci sono aspetti che a sua volta la rendono una casta ingiustamente privilegiata. Oltre ai giorni di ferie, dimezzati dal governo Renzi a cui i magistrati hanno fatto seguire un atteggiamento berlusconiano, c'è anche il tema del pensionamento. Il magistrato che abbandona la toga, per fare un esempio a 45 anni, percepisce la pensione maturata da quel momento. Nei fatti è un vitalizio e ciò di certo non è un elemento di giustizia sociale.

Se la magistratura avrà il buonsenso di riconoscere le proprie anomalie potrà efficacemente fronteggiare gli attacchi dei pessimi personaggi e riappropriarsi del rispetto che le si dovrebbe convenire e che deve però meritarsi pienamente.

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