lunedì 21 novembre 2016

Parliamo del referendum, oltre il sì o il no

Il 4 dicembre si avvicina. Per chiarezza dichiaro subito che voterò sì. Ma non è del sì o del no che voglio trattare, anche se da scrivere ne avrei tanto. Voglio scrivere del modo di approcciarsi alla politica e alla militanza. 

Da molti, compreso lo scrivente, questa è considerata una delle campagne elettorali più brutte di sempre. Le motivazioni sono diverse tra loro. A mio avviso è brutta per la mancanza di politica nei militanti dei due fronti referendari, trasversali tra e nei partiti. Si denota, mediamente, un'assenza di pensiero politico profondo e articolato. I più ripetono, tal quale, i concetti espressi dai rispettivi capo-branco. La cosa brutta, negativa per meglio dire, è questa. Non i toni accesi, e a dirla tutta ricordo campagne molto più virulente di questa dal punto di vista dialettico. 

Il testo della riforma l'hanno letto in pochi, la Costituzione vigente ancora meno. Trovano il tempo per campionato, Champions League e decine di serie tv ma non il tempo per spulciare la Costituzione e la riforma oggetto di referendum. E badate bene che il ragionamento vale per entrambi i fronti referendari. 
La politica e la relativa militanza vengono vissute come un vezzo, un orpello della propria immagine social. Si punta ad avere ragione senza aver ragionato sull'oggetto del contendere. 

Dulcis in fondo, per quelli che sostengono che l'articolo 70 del testo riformato non si capirebbe: io se non riesco a capire qualcosa non mi metto a dire alla gente come votare al riguardo.

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