Il 4
dicembre si avvicina. Per chiarezza dichiaro subito che voterò sì. Ma
non è del sì o del no che voglio trattare, anche se da scrivere ne avrei
tanto. Voglio scrivere del modo di approcciarsi alla politica e alla
militanza.
Da molti,
compreso lo scrivente, questa è considerata una delle campagne
elettorali più brutte di sempre. Le motivazioni sono diverse tra loro. A
mio avviso è brutta per la mancanza di politica nei militanti dei due
fronti referendari, trasversali tra e nei partiti. Si denota,
mediamente, un'assenza di pensiero politico profondo e articolato. I più
ripetono, tal quale, i concetti espressi dai rispettivi capo-branco. La
cosa brutta, negativa per meglio dire, è questa. Non i toni accesi, e a
dirla tutta ricordo campagne molto più virulente di questa dal punto di
vista dialettico.
Il testo
della riforma l'hanno letto in pochi, la Costituzione vigente ancora
meno. Trovano il tempo per campionato, Champions League e decine di
serie tv ma non il tempo per spulciare la Costituzione e la riforma
oggetto di referendum. E badate bene che il ragionamento vale per
entrambi i fronti referendari.
La politica
e la relativa militanza vengono vissute come un vezzo, un orpello della
propria immagine social. Si punta ad avere ragione senza aver
ragionato sull'oggetto del contendere.
Dulcis in
fondo, per quelli che sostengono che l'articolo 70 del testo riformato non si capirebbe: io
se non riesco a capire qualcosa non mi metto a dire alla gente come
votare al riguardo.
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